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Mostre e allestimenti

Icaro delle cadute

Luoghi scabri per una tassonomia sospesa

Quella che cade è una figura di donna vista di schiena, indossa una gonna nera e una camicia bianca stirate dal vento, non vediamo il suo volto, guarda verso il basso, ma forse no.
Non so perché Lucia abbia cominciato a pensare a persone che cadono. Forse incuriosita dalle strane posizioni che un corpo assume quando è irresistibilmente
attratto dalla forza di gravità. Posizioni involontarie, inconsuete che suggeriscono resistenza o abbandono, posizioni che contengono una dinamica leggerezza travolta
dal peso, come se l’abbraccio della forza di gravità provocasse un senso di reazione, di difesa, ma anche di rinuncia, nella vertigine della caduta.
Non so perché Lucia abbia deciso di dipingere queste figure cadenti con colori leggeri e trasparenti dove il bianco che è assenza di colore diventa lo spazio neutro e senza confini della caduta. Le figure cadenti galleggiano su fondo bianco, cadono in assenza di spazio, forse non cadono e stanno ferme, sospese, sollevate in attesa di un luogo dove cadere.
Dicono, ma nessuno è tornato per confermarlo, che quando si cade, anzi quando si precipita nella verticale diritta e fatale, l’intera nostra vita ci si ripresenta davanti compressa nella successione di infiniti istanti. Dicono, ma non si sa quanto sia vero, che il gomitolo dei ricordi si riavvolga davanti ai nostri occhi o nella nostra mente
in un vorticoso istante. Un abbagliante Aleph che contiene e mostra contemporaneamente tutto ciò che abbiamo visto, toccato, ascoltato, amato, odiato e vissuto.
Dicono questo perché forse la caduta, che è abbandono di sé e perdita di controllo, è una condizione nella quale il tempo potrebbe essere sospeso, fermato e ci sia concesso in quell’istante immobile di ripensare a tutto ciò che abbiamo fatto e anche a ciò che non abbiamo fatto e che vorremmo finire.
Tutto ciò forse non c’entra molto con le figure cadenti che affollano l’immaginazione di Lucia che probabilmente ama raccogliere come in un erbario o in una poetica tassonomia queste figure leggere per registrare di ognuna una diversità del cadere.
Cadono casalinghe, pugili, militari, bambine, cinesi, signore eleganti, astronauti, cantanti rock, cavalli, calciatrici, impiegati, orsi… ma dove cadono?
Come Icaro sono saliti sollevati dall’euforia del volo che all’improvviso li ha abbandonati per riportarli da dove sono venuti? Ho voluto allora disegnare dei luoghi immaginari per accogliere e concludere le loro solitarie cadute. Li ho immaginati inospitali ma non ostili, rarefatti ma non privi di segni di salvezza che attutissero se non altro il rumore della loro caduta. Li ho immaginati popolati di attrezzature arcaiche dove secondo un arido calcolo delle probabilità la caduta potrebbe non essere fatale. In un caso ho immaginato che la caduta si concluda in un luogo simile a quello dal quale Icaro è partito: un labirinto insensato di muri e stanze senza soffitto e con poche porte.

 

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  • DATA:

    2020

  • LUOGO:

    Galleria Francesco Zanuso

  • PROGETTO CON:

    Lucia Lamacchia